La potenza vocale nella musica leggera si manifesta tramite l’urlo ai limiti acuti dell’estensione della voce e la tenuta dello stesso nel tempo. Ogni epoca e ogni sottogenere musicale ha avuto i suoi urlatori, anche se in Italia si tratta di un termine che identifica una categoria di cantanti di qualche tempo fa. Ci sono diversi tipi di urlo come potete immaginare, ciascuno con le proprie peculiartà. L’urlo dello scream è ben diverso dall’urlo del rock, l’urlo sgraziato e rabbioso dei cantanti punk è tutta un’altra cosa rispetto all’urlo impostato e vibrato delle cantanti del nuovo rythm’n’blues che va per la maggiore negli Stati Uniti, mi riferisco alle numerose vocalist che riempiono le classifiche di MTV con pezzi tutti uguali nei quali, per riprendere fiato, a tre quarti lasciano la parola al siparietto del rapper di turno che suppongo faccia una sintesi parlata dei contenuti del resto delle liriche, traducendole nello slang tipico di quella cultura. In Italia l’urlo si è diffuso in modo subdolo andando ad abbinarsi ai nostri generi tradizionali, trend favorito dal fatto che da noi si urla da sempre, almeno dai tempi di Claudio Villa e soprattutto al sud, ma l’origine di questo fenomeno vanno ricercate nella lirica e nella tradizione dei grandi tenori. La nostra canzone melodica ben si sposa con la nuova musica commerciale americana, la tecnica degli acuti maschili e femminili tenuti a lungo è facile da adattare al nostro specifico compositivo, basta togliere i vibrati e le note blues ed ecco fatto. Favorito anche dai talent show in cui la tecnica è tutto e vince chi urla di più, Amici e Xfactor hanno sfornato una generazione di giovani urlatori e urlatrici piazzandoli alle vette di tutte le classifiche locali anche grazie alle manifestazioni canore di rilevanza nazionale. Il connubio melodia italiana e urlo ha però un diverso impatto rispetto all’urlo modulato sull’armonia tipica del jazz e della musica nera in cui, pur fastidioso, ha un modo differente di articolarsi. Una nota urlata e tenuta ferma per più battute è ben diverso da un gorgheggio, immaginate di coprire una distanza nel tempo da un punto “a” a un punto “b” attraverso una retta (come si fa da noi) o attraverso una serie di curve con salite e discese (come si fa nel r’n’b). Una tecnica che è stata adottata non solo nella musica pop ma anche nel pop-rock, dove acuti e grida assumono le sembianze di lamenti volti a esprimere parole di sofferenza sentimentale, su tappeti di chitarre distorte e ultimamente inserti elettronici lungo passaggi tra accordi e risoluzioni talmente scontate e di maniera da far accapponare la pelle. Avete capito dove voglio arrivare: la morte sua di tutto questo prende il nome di un noto vino pugliese. Per il resto, provate a fare un po’ di zapping tra i canali televisivi musicali.
Ma anche tu disegni capriole che a mezz’aria mai farai? 😛
Il termine “urlatore” l’ho imparato da mio padre che ne incarnava il significato in Tony Dallara (che- a proposito- credo sia genovese) e la strofa che mi ripeteva per farmi intendere era.
tu sei romantica
amica delle nuvoleeeee
“la morte sua” o “la morte” e basta? 😀
quell’insensata voglia di equilibrio
proprio lui, Tony Dallara
una strage 🙂