Passando a piedi lungo Parco Sempione poco prima delle 15, in un assolato pomeriggio marzolino dal clima già abbondantemente primaverile, tra modelle in visita guidata accompagnate da frotte di ragazzotti perditempo a caccia di avventure sentimentali, giovani mamme con primogenito nella carrozzina, comunità etniche rigorosamente separate intente nei giochi di società tipici del loro paese di provenienza, pre-adolescenti in gita scolastica, venditori africani di merce contraffatta e fruitori occasionali come il sottoscritto, ho visto manifestarsi l’esemplificazione più vicina al mio concetto di ricchezza. Ricchezza materiale, intendo. Avere la grana e saperla spendere nei modi più impensati. Una giovane donna era dedita alla ginnastica in un punto pianeggiante ed erboso del parco, assistita da un personal trainer, il quale la seguiva minuziosamente nei movimenti, assicurandosi che piegasse nel modo giusto le gambe durante lo squat, esercitasse la migliore retroversione del bacino prima di chinarsi per un altro esercizio, tenesse il corpo perfettamente in linea flettendosi sulle braccia e così via. Lei madida di sudore ma perfettamente in forma, lui che assisteva ad ogni figura controllandone la perfetta esecuzione. Ecco, è quel rapporto uno a uno che mi ha dato il senso del benessere, più economico che fisico, e la flessibilità di poterne usufruire in qualsiasi momento della giornata in relazione ai propri impegni, contro le ore di corsi a cui partecipiamo noi, gente comune, un allenatore per almeno venti partecipanti, in luoghi e orari stabiliti. E ho provato a mettermi nei panni di un personal trainer, a tu per tu con una sola persona da allenare, costretto a guardare senza perdere un istante, in un giorno in cui non c’hai voglia e non puoi nemmeno far finta di distrarti guardando qualcos’altro, ed è lì che ho visto la solitudine e la sua tariffa oraria.
Che tristezza.