ora et labora

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Il mio collega mi fa notare il video istituzionale in loop sul monitor LCD. Siamo in una reception davvero niente male per essere una reception e fuori c’è il nulla, una via fatta di giganteschi parallelepipedi come questo che, tra tutti, è anche il meno peggio visto dall’esterno. E appena si schiudono le porte a specchi dell’ingresso si spalanca un ambiente di benvenuto che pensi che magari sia così passare dal purgatorio al paradiso, percorrere una via senza nome della zona industriale rigorosamente su un mezzo di trasporto privato perché a piedi nel migliore dei casi inciampi nel pessimo manto stradale, nel peggiore ti investe un autoarticolato. E quando hai espiato le tue colpe parcheggi e oltrepassi la soglia della beatitudine, musica e receptionist, divanetti rossi, area ristoro e parquet figo, dipendenti dal look omologato e hot spot wireless per connettersi gratuitamente mentre aspetti il tuo turno sgranocchiando uno snack e ti chiedi come sia stato possibile sopravvivere a tutto quel grigiore là fuori e poi trovare la salvezza qui, in questo scampolo di santità.

Già, perché il video istituzionale in loop sul monitor LCD di cui sopra è il reportage dell’inaugurazione di una nuova sede della società in cui mi trovo, un evento che ha previsto anche la benedizione del parroco della zona di pertinenza. Il prelato, ripreso in campo lungo, sbriga la sua pratica celeste al cospetto di quadri e operai, tutti con un calice meno amaro e più frizzante in mano di quello previsto dal rito, pronti a inaugurare quel futuro posto di lavoro con l’avallo di un ambasciatore di uno stato straniero, il Vaticano. Questo per dire che si parla sempre di scuole laiche e di istituzioni secolarizzate, e poi nessuno si cura del modo in cui la religione permea i luoghi di lavoro privati. Che essendo privati riflettono – giustamente – l’orientamento di chi li possiede e li gestisce, o cavalcano per puro opportunismo l’onda di organizzazioni ed enti limitrofi in ottica business, partner per i quali la professione di fede costituisce una vision ultraterrena tanto che non si vuole mettere a rischio la compiacenza di clienti danarosi. Gli stakeholder sono anche lassù, è un dato di fatto.

Mi sono capitati anche incontri di lavoro con manager che sfoggiano al bavero spillette dal logo inequivocabile, amministratori delegati usi alle opere in compagnia, per intenderci. Oppure culti mariani verticalissimi a seconda dell’ubicazione geografica, aziende in cui è raro imbattersi in uffici e scrivanie sgombre da sacre effigi. Per non parlare dell’immancabile pop star da Pietrelcina, il nume tutelare più trasversale in assoluto che vanta il record di iconografia esposta.

La funzione, nel video del vernissage, si chiude con l’aspersione di rito. I presenti sono ripresi in primo piano mentre dismettono l’espressione estatica e tornano alla loro dimensione corporea, magari anche smadonnando sul fatto che si debba assistere a momenti di preghiera mescolati a ogni attività quotidiana. Che poi una società benedetta abbia una marcia in più per uscire dalla crisi è tutto da dimostrare. O davvero la protezione dall’alto fornisce un vantaggio competitivo.

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