Lo scontro di civiltà (apro subito una parentesi: lo scontro non significa necessariamente che alla fine del post ci sarà un vincitore e un perdente, una razza superiore e una inferiore. Lo scontro significa contrapposizione, e nella sua accezione metaforica non per forza di cose armata, in questo caso comunque no, chiudo la parentesi e buona lettura) dicevo lo scontro di civiltà lo si desume dal fatto che uno, l’interessato e potenziale acquirente, è pronto a pagare tutto e subito. Stiamo parlando di un bar in una zona tutto sommato centrale piena di uffici e con una scuola superiore davanti, il che significa ragazzini che fanno colazione e merenda, e un plesso materna più primaria nello stesso edificio, il che significa genitori casalinghi o con orari di lavoro flessibili che si attardano a gustare il caffè dopo il primo round di fatiche quotidiane. Non saprei quantificare, ma se pagasse in contanti – cosa di cui non dubito affatto sia in grado di fare – ci vorrebbe una valigetta apposita anche se si tratta di pezzi da cinquecento euro, no? Comunque ha abbastanza liquidi, l’acquirente, malgrado l’aspetto diciamo dimesso, abiti che potrebbero essere anche di un paio di taglie in meno vista la magrezza. Che poi ci si chiede se i cinesi si vestano nei negozi di roba cinese.
Comunque il probabile futuro proprietario del bar qui sotto si vede che ha fretta di concludere con la controparte, rappresentata da un agente immobiliare con il consueto look in terza persona, che gli sta dimostrando con dovizia di particolari anche la porzione di suolo pubblico in cui sistemare qualche tavolino senza copertura, però niente gazebo e stufe quindi solo con la bella stagione. Si china anche sul marciapiede con un attrezzo che non ho mai visto, ma da come lo maneggia si direbbe un metro laser, che lo punti contro una superficie e ti dice l’esatta distanza. Ammesso che esistano, mi sembra una bella comodità, immagino cinese anche quella, e se non esiste corro subito a brevettarla. Gli spazi dentro sono in ottime condizioni, l’ultimo proprietario, prima di essere costretto a chiudere dalle Fiamme Gialle, l’aveva sistemato per benino. Sapete, è il classico esercizio pubblico che uno lo compra per aumentarne il valore e poi rivenderlo, questo è il business alla giornata del momento, che per i non addetti ai lavori come il sottoscritto costituirebbe uno sbattimento senza precedenti, ma probabilmente mi sbaglio anzi sicuramente ho torto, non a caso, come ho più volte scritto, ho deciso di fare il lavoratore dipendente e lascio l’iniziativa imprenditoriale a chi ha fiuto. Io ho solo il naso.
L’uomo d’affari cinese ha già deciso perché, anche se non ve l’ho detto prima, l’ho notato un paio di sere fa con un compare intento ad annotarsi il numero di telefono dell’agenzia immobiliare e a scattare foto. Così, mentre si svolgeva il sopralluogo, l’agente che gli stava proponendo l’affare non teneva conto del gap linguistico perché la persona interessata voleva dirgli va bene, lo prendo, ma probabilmente il suo italiano non era così fluent e in quei millesimi di secondo l’altro fraintendeva l’esitazione con la poca convinzione e ripartiva alla carica con numeri e dettagli. Allora il cinese, con le mani in tasca e guardandosi le scarpe, aspettava il successivo slot di conversazione libera in cui inserirsi e zittire l’agente con il suo parere positivo. Ma si vedeva che la vera contrapposizione non era lessicale, lo avete capito, bensì consisteva in uno squilibrio tra chi ha necessità e chi no, tra un flusso di cassa e un alveo a secco, e ammesso che il secondo sia in grado di contenere il primo senza lasciar tracimare il liquido a causa della scarsa manutenzione nei periodi di magra, su questa metafora provate a indovinare quale delle due civiltà è destinata a esaurirsi, e a questo punto ormai lo scontro ha ben poca importanza.