nomi impropri

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Quando penso a iniziative tipo “adotta una parola” mi rendo conto che ci sono termini che nessuno prenderebbe mai con sé, e non mi riferisco alle volgarità comuni, quelle che sentiamo ogni giorno. Esistono nomi di malattie, medicinali o di oggetti legati all’ospedalizzazione come catetere, per esempio, che sono brutti, sfido a farli propri. Incarnano significato, significante e segno in una aberrazione semiotica che chiunque pagherebbe per veder le lettere di cui sono composti svanire ad una ad una come le scritte sul vapore dei vetri, ma ci vuole ben altro. Forti dell’appartenenza a un vocabolario tecnico, invadono le vite come soprammobili regalati da terzi che ci conoscono poco e tirano a indovinare circa i gusti altrui, così ti restano in casa perché ti vergogni a metterli in cantina che poi se l’autore del dono passa di lì non sapresti come giustificarti. Speri però che il gatto in un eccesso di entusiasmo da appetito o da gioco faccia cadere quella macchia scura che fa parte della tua vita ma di cui faresti a meno, era proprio un bell’oggetto ma Birillo sai come sono i gatti, inseguiva una mosca e l’ha mandato in mille pezzi. Ecco, ci sono tante parole di cui faremmo a meno, pensate ai nomi dei disturbi della memoria, il termine stesso demenza senile, che smacco alla dignità di una donna o di un uomo o qualunque persona che ha vissuto decenni lavorando, allevando figli, giocando a carte o leggendo romanzi gialli o terminando cruciverba senza usare il dizionario. Demente sarai tu, qualunque cosa tu sia.

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