art e copy

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La sfida era portare un oggetto da casa, un qualcosa qualsiasi a cui si è particolarmente affezionati, per poi fotografarlo e inventarci su una storia illustrata con la tecnica del collage. Poteva essere Tao, il panda che ti teneva compagnia quando ancora, al nido, facevi il riposino dopo pranzo. Ma poi hai pensato di no, ormai sei grande. Poteva essere Boomer, la celebre testa di supereore adibita a contenitore di caramelle che troneggia sul frigo e che avevo acquistato in un mercatino delle cianfrusaglie. Ma hai rifiutato anche quella proposta, perché un po’ ti saresti vergognata, e come biasimarti. Così alla fine abbiamo deciso all’unanimità di prendere lo scheletro di baobab che siamo soliti addobbare con le collane elastiche piene di perline e il cammello con bisaccia, entrambi cimeli africani provenienti dalla precedente vita da weltburger e turista consapevole di mamma. L’appuntamento era in una sala del Museo della Fotografia, dove abbiamo trovato allestito un vero e proprio set con tanto di reflex e luci, e la parte di laboratorio, con fogli colorati, pennarelli, colla, forbici e tante riviste da tagliuzzare. Ci siamo confrontati per qualche minuto, ma date le proporzioni tra i due soggetti immortalati e stampati è stato facile concordare la trama della storia. Un cammello si era pappato tutta l’erba nel prato, e a un secondo cammello non era rimasto nulla. Ma all’animale sfortunato era bastato dare uno sguardo sulla cima del baobab per notare la frutta e i fiori colorati provenienti dalle pubblicità patinate che avevamo ritagliato e incollato sui rami più alti. Quindi, come una specie di supereroe elastico, aveva allungato a dismisura il collo per assicurarsi il pranzo, si era riempito la pancia e aveva deciso di rimanere così, un’evoluzione genetica istantanea e utile per il futuro, da cammello a una specie di giraffa marrone con la gobba. Niente male come coppia creativa, vero? Ah, per la cronaca, il cammello si chiama Ibrahim.

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