L’ascensore è giunto al piano, la spia “presente” si è colorata di verde e le porte automatiche si sono aperte. Un vecchio cane è schizzato fuori e, trovando l’ingresso dell’ufficio ancora aperto, si è infilato in agenzia. È stato facile intuire la dinamica dei fatti: il cane, con tanto di collare, ha preceduto chi l’ha portato fuori per la passeggiata mattutina smanioso di rientrare al calduccio, a dimostrazione che i vecchi animali di qualunque specie sono tutti uguali. La mia collega da qui ha chiamato l’ascensore con animale domestico incorporato, che, appena si è aperta una via di salvezza, l’ha colta al balzo senza pensarci su.
Ma una volta in ufficio si è reso conto di non essere a casa sua e, sgomento, ha iniziato a tremare come non ho mai visto fare a un animale, giuro. Con gli occhi bassi ha cercato di orientarsi, cercando qualche odore familiare lì intorno, senza successo. Gli accessi ai piani e le porte del vano ascensore sono tutte uguali, la fretta di essere arrivato a destinazione forse gli ha giocato un brutto tiro. O forse, dall’alto della sua intelligenza, ha capito che la salita era durata troppo poco, noi siamo al primo piano, e si è lasciato prendere dal panico. Non sarebbe comunque rientrato a casa sua, ma cercare l’aiuto degli umani poteva essere una alternativa valida per chi non arriva con le zampe alla pulsantiera. Abbiamo cercato di calmarlo, non era certo un cane aggressivo, tutt’altro, ma lo sguardo di chi non si dava pace per l’errore commesso e per l’incredulità continuava a essere straziante.
Mi sono precipitato sotto per avvertire il portinaio, anche se difficilmente avrei compreso la sua risposta proferita nel suo dialetto inaccessibile mescolato a modi inqualificabili. Per fortuna nell’androne è comparsa una signora, presumibilmente coetanea del cane. Procedeva trafelata verso di me, è bastato un istante per capire che ci stavamo cercando a vicenda. Io ci sono arrivato non tanto perché reggeva in mano un guinzaglio, quanto per la straordinaria somiglianza con l’animale che l’aspettava su. Stessa preoccupazione di aver smarrito qualcuno, stessa andatura di chi si muove al meglio di quanto il fisico lo permette. L’ho tranquillizzata e l’ho accompagnata verso la sua parte complementare. La donna e il cane, entrati nel campo visivo l’uno dell’altra, si sono come ricomposti di quella dignità austera di cui solo gli esseri viventi più anziani sono dotati. Lui ha smesso di tremare, lei lo ha amorevolmente redarguito, e sono tornati sereni alla loro routine di coppia.
Quando hai scritto che la donna somigliava al cane, mi sono venute in mente un sacco di foto di padroni che somigliavano davvero ai loro cani, ma proprio fisicamente.
Ancora rido.
Comunque bravo, hai guadagnato mille punti karma 🙂