a ripetizione

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La cosa che salta più agli occhi di quei due è che hanno una visione diametralmente opposta. Non in tutto, anzi sono più le cose hanno in comune, d’altronde non si sarebbero sposati se non avessero valori condivisi e se non si trovassero d’accordo sui fondamentali. Ma su questo aspetto, vuoi per indole, vuoi per  il modo in cui sono cresciuti, proprio non ci azzeccano. Lei non vuole tornare mai nello stesso posto, per esempio in vacanza, ama programmare e fare cose sempre diverse, le piacciono le novità, i cambiamenti. Se l’anno prima il viaggio è stato un successo ed è rimasta pienamente soddisfatta, l’anno dopo meglio non ripetere l’esperienza, potrebbe non confermarne la qualità e, alla fine, la delusione potrebbe deturpare anche il ricordo della volta precedente. Poi in casa non c’è giorno in cui non cambierebbe disposizione dei mobili, e non c’è mese in cui non lo fa. Tutto sempre un divenire, a differenza di lui, che fa dell’abitudine il suo stile di vita.

Perché cambiare se ci siamo trovati così bene, cerca di convincerla. Che bisogno c’è di fare sempre qualcosa di diverso, la routine è certezza, ripetere il consolidato significa approfondire e assimilare, in ogni modo tutto è impossibile conoscere quindi tanto vale circoscrivere il campo e rivoltarlo come un calzino. E a testimonianza della sua tesi le fa sempre un paio di esempi, ovviamente sempre gli stessi, anche in questo caso non cambia mai.

Frequentando lo stesso locale in cui trascorreva almeno un paio di sere a settimana, prendendo sempre la stessa bottiglietta di birra belga con l’etichetta blu, il suo migliore amico alla fine – nel vero senso della parola, cioè dopo mesi e mesi – aveva rimorchiato la barista e l’aveva invitata a cena, la settimana successiva a quell’approccio, prima del lavoro. Ne era seguita una storia d’amore a lieto fine, mica poco.

Non solo: a lui stesso, a furia di mangiare lo stesso panino nella stessa tavola calda in compagnia di una fiamma dell’epoca, più o meno seduti sempre allo stesso tavolo in fondo al locale, gli era stato offerto un lavoro stagionale come cameriere, proprio in quella stessa paninoteca. Il proprietario con cui era entrato in confidenza, magari proprio a forza di vederlo sempre lì, gli aveva fatto la proposta, lui aveva accettato e così aveva avuto il primo lavoro vero della sua vita. Poche migliaia di lire all’ora, non più di ventimila a sera. In più se a fine turno, l’una o le due di notte, aveva fame e chiedeva una delle focaccine rimaste che comunque il proprietario avebbe buttato, le doveva scalare dalla paga, tanto che aveva pensato di aspettare che lo spilorcio gestore le gettasse via e poi riuscire a intercettarle prima che finissero insieme agli avanzi nella spazzatura. Aveva anche capito che un modo intelligente per ammortizzare il guadagno poteva essere quello di vuotare (dentro di sé) i cocktail dei clienti lasciati sui tavoli, almeno quelli palesemente in buone condizioni, ma solo verso fine serata onde evitare di ubriacarsi e fare brutte figure con gli avventori.

Una sera poi era entrata nel locale la fidanzata di un suo caro amico che aveva da poco iniziato l’accademia militare, in compagnia di un altro ragazzo. Lei non sapeva che lui lavorasse lì, e si sedettero a un tavolo. Il cameriere li notò ma non se ne fece accorgere. Appena lei lo vide, convinse il suo accompagnatore ad alzarsi e a andare via, naturalmente il cameriere continuò a far finta di nulla per non imbarazzare nessuno, se stesso per primo. Ma non si ricorda la fine della vicenda, cioè se l’amico poi ha continuato la sua relazione con la fedifraga o se l’ha scoperta (lui, il cameriere, giura di non aver fatto la spia) o se lei stessa ha confessato. Anche questo inciso avvalora la sua (del cameriere) tesi: perché cambiare abitudini sentimentali, alla fine il diversivo non paga.

A volte poi arrivava al bar in anticipo. Portava con sé i libri per preparare gli esami che avrebbe dovuto sostenere nella sessione autunnale, si metteva a un tavolo mentre il locale era ancora vuoto, prendeva un caffé (quello era offerto dalla casa) e con la matita sottolineava senza sosta le parti più importanti del testo. E, finita la stagione terminato l’incarico, riuscì a pagarsi un viaggetto con quello che aveva guadagnato.

Insomma, il suo bilancio della consuetudine è tutto sommato positivo, per questo cerca sempre di convincere la moglie a lasciare invariato l’ordine delle cose. Ma lei non sente ragioni, e lui lo sa e fa l’accondiscendente, in fondo va bene così, non c’è nulla di male. Anche quando ribalta la camera da letto e ogni volta la prima volta che la vede gli gira la testa perché l’armadio è al posto del comò che va al posto della poltroncina messa al posto dell’armadio. Ed è felice lo stesso, tanto per cambiare.

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