Ci siede intorno a un tavolo, si occupano divani e sedie, e poi ci si guarda negli occhi mentre ognuno si guarda dentro e cerca di immaginarsi quando sarà il proprio turno. Il rumore della trivella della riflessione si attenua solo quando uno di noi fa una domanda, quell’altro risponde. Si sdrammatizza, scappa il sorriso, la battuta. Poi l’ansia riparte e va più a fondo, oltre al dolore ci saranno tutti gli aspetti tecnici, nessuno è esperto, per fortuna, solo chi ha avuto un lutto di un parente stretto da poco sa dirti cosa ci vuole e cosa è bene evitare. Viene fuori addirittura che ci sono quelli che ti fanno tutto, non devi pensare a nulla, la mattina dopo hai già i manifesti per le vie, ti vestono la salma, ti organizzano le esequie. E domani tutti ad accompagnare un pezzo della storia di qualcun altro che va ad aggiungere anni a un film lungo più di quanto riusciamo a immaginare, alcune scene ancora impresse nella memoria di qualcuno, altre perse per sempre quando anche l’ultimo spettatore sopravvissuto è passato dietro le quinte. Così ti viene voglia di chiederlo a quelli che incontri, che poi è una domanda che oramai tutti collegano a una celebre gag di un comico napoletano, anche lui già nel cast di quell’altro lungometraggio. Lo sai, vero, che anche tu…? Ti viene da chiedere. E lo sai che anche questa tizia che è seduta qui a fianco e legge Vanity Fair, anche lei…? Lo sai, eh, che tutti, proprio tutti…? Ma poi esci, cammini, ti siedi tra sconosciuti e li guardi bene e in molti non vedi alcun segno di tutto ciò, oddio magari a quello che ha Libero in mano glielo augureresti, ma poi pensi chissenefrega, diamine, se si continua a produrre nuove serie, tutte di successo, a ingaggiare sempre nuovi protagonisti e nuove comparse, un motivo ci sarà.
grazie.