Ecco, io l’ade o qualsiasi altra dimensione ultraterrena in cui si scontano gli errori compiuti durante la propria esistenza me lo immagino così, come un eterno pezzo dei Kasabian che un demone armato di frusta e vari attrezzi da tortura mi costringe a suonare senza sosta. Un loop senza fine, sullo stesso ritmo, sempre sullo stesso accordo, ad accompagnare la stessa linea vocale dall’inizio alla fine. Quattro minuti e zero nove secondi in cui non succede assolutamente nulla.