Persa, andata, puff. L’Italia retrocessa e declassata è un flop come i concorsi di bellezza pieni di ragazze a ombelico coperto, una pudicizia che fa ridere ai tempi delle patonze con servizio a domicilio. E poi ci si stupisce che non fanno audience, quando sugli altri canali si vede ben altro. Fermate la gara, fateci scendere!, reclamano tutti in coro, industriali e sindacati, anziani e giovani, i poveri dichiarati e quelli destinati a diventare tali. Per i pochi altri che non se ne curano, questa grottesca competizione può andare avanti pericolosamente così, fino alla proclamazione della vincitrice, l’ultima candidata immortalata stretta in lacrime nell’abbraccio ipocrita con la seconda classificata. Un paradossale spaccato di un paese che vuole credersi così, in passerella, come ai tempi del boom in bianco e nero. E, sotto, i pochi irriducibili luogotenenti azzimati ad applaudire i buoni e fedeli servigi del direttore di rete resi con il benestare del padrone, che contempla il suo raccolto e pensa già alla semina per la stagione che seguirà.
Mi viene in mente il “Titanic”.
C’era la nave, ritenuta inaffondabile, che colava a picco, i ricchi sulle scialuppe, l’orchestrina sul ponte che, nonostante tutto continuava a suonare, e sotto, al chiuso, tutti gli altri.