mi sento fortunato

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È abbastanza facile lasciarsi prendere dalla disperazione, per chi fa un mestiere come il mio. Voglio dire, hai voglia a convincere aziende e imprese che i socialcosi sono utili anche per i loro affari, che il business corre sul duepuntozero, che è importante avere una strategia per spremere anche questa faccia oscura di Internet, in cui tutto è gratis, tutto è dovuto, non si capisce bene dove e come si possa guadagnare qualcosa, e allora bisogna contargliela su condita con tutti i neologismi del caso per confondere le carte, se siete online dovete esserci sempre, e come fate a esserci mentre state a costruire il vostro prodotto, chi gli risponde ai vostri amichetti su Facebook che si infervorano a mezzanotte e gli uffici sono chiusi e in quattro e quattr’otto la vostra reputazione è così inzaccherata che sembra Pig Pen dopo un match di baseball perché tutti i blogger della blogosfera, con o senza estintore in mano, hanno linkato la notizia urbi et orbi e siete belli che fottuti e ora mettiamo un punto che è meglio. Eh, troppo facile, nessuno ci crede più, non abbiamo nemmeno gli occhi per piangere, figurati se ci avanza qualche centinaio di euro per mettere per iscritto i nostri pensierini e farli sapere a un pubblico fatto di addetti ai lavori, che troverebbero comunque le notizie, e non addetti che comunque non le troveranno mai perché gli bastano le risposte di Yahoo. L’anno fiscale nuovo quindi comincia così, con un grosso punto interrogativo che non posso scrivere perché non trovo in nessuna combinazione di tasti, con un elenco di parole chiave che non finisce più ma così vago che nemmeno guggol è in grado di restituire una manciata di risultati utili, neppure in copia cache.

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