ispirazione, espirazione

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Può capitare che nel profondo del profondo del mese più profondo dell’estate, quei due o tre giorni che stanno a cavallo di ferragosto a seconda della sua posizione tra le domenica precedente o successiva, quel buco di c**o temporale (a volte anche con temporale annesso) in cui non c’è nulla, si scelga di trascorrere questo nulla barricati in casa. E sono convinto che molti lo passino così, altrimenti non si spiegherebbe il vuoto fuori. C’era un tipo, per esempio, che una volta è rimasto chiuso in casa per tre giorni, da solo. Cibo e bevande a sufficienza e un intero set di synth più un sampler collegati a un Mac, un PowerPC per l’esattezza su cui girava dignitosamente Cubase. E niente, tre giorni di full immersion in composizioni ispirate grazie alle quali il riservato musicista ha vissuto di rendita per almeno tre gruppi successivi, nemmeno troppo caldo malgrado la strumentazione impilata e accesa nella stanzetta più piccola, chiamiamola studio. La casa aveva infatti una doppia esposizione e, ubicata piuttosto in alto e per di più al quinto piano, era ventilata abbastanza. Ogni suono era ispirazione per un pezzo nuovo, non c’era giorno o notte o alcun limite fisico, le ferie sono state pensate anche per cambiare abitudini e vivere tra parentesi. Alla fine, stremato e spremuto dalla verve creativa, il tipo ha spento tutto, ha fatto una meritata doccia, è salito su una Panda bianca targata AL e ha raggiunto i genitori in una casa sull’appennino ligure, dopo un viaggio in cui ha ascoltato e riascoltato, su nastro, quanto registrato in quei tre giorni, più di due ore di musica che quasi non si ricordava già più.

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