l’ora delle decisioni irrevocabili

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Non puoi pretendere da una folla esasperata di mantenere la calma. E guarda, non sto parlando di quanto successo prima della guerra, che già lì ci sarebbe materiale per mandare in bestia chiunque. Il punto è che tra il 43 e il 45 era tutto molto, ma molto più complicato. Chi stava di qui o di là rischiava la vita. Sempre. Poi c’erano tante, troppe persone che stavano in mezzo ad aspettare. Ma chi si sbilanciava, magari anche a fin di bene, per sopravvivere, perché minacciato, faceva rischiare la vita agli altri. E non c’era modo di perdonare. Così qualche giorno dopo il 25 aprile, lo hanno preso a casa sua. Era il barbiere del paese, andavo da lui quando il mio vicino, che me li tagliava gratis, non poteva. Sono andati in gruppo e armati. Il barbiere aveva fatto arrestare un po’ di gente, e a causa delle sue delazioni alcuni ci avevano rimesso la pelle. Subito o in Germania. Aveva potuto decidere di farlo, e l’aveva fatto. Lo hanno preso, e da casa sua, a calci nel sedere e schiaffi, in mezzo alla folla esasperata, tra chi aveva visto uccidere i propri cari dai fascisti e chi morbosamente era incuriosito dalla scena, lo hanno spinto verso il cimitero. Non ricordo se sia arrivato lì ancora vivo, o in che condizioni. Ma a quel punto la condanna è stata eseguita a mitragliate. Era la guerra, non era ancora finita, e ci sarebbe stato ancora qualche strascico, almeno per i successivi sessant’anni. Non puoi pretendere da una folla esasperata di mantenere la calma.

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