ricordati di spegnere tutto

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The party is over. Ho inserito username e password ovunque, una manciata di finestre di Firefox aperte. Mi piace la metafora che a quest’ora posso stare da solo nei miei account, dopo i festeggiamenti preferisco fermarmi a fare ordine di persona, anziché chiamare un addetto alle pulizie e sacrificare la mia privacy all’igiene della cache. Spazzo per terra gli avanzi di torta, qualche scottex, palloncini scoppiati, patatine calpestate, la carta dei regali e i piatti di plastica nei rispettivi sacchi per la differenziata. E sono ancora un po’ brillo.

Vado su Facebook  e constato l’infilata di auguri, mi sento come in famiglia. Su FriendFeed la solita caciara, mi ricorda quegli anelli nelle piscine con la corrente simulata, aspetti il momento giusto per buttarti in mezzo senza calpestare nessun bambino, quindi vai spedito e non riesci più a uscirne. Continuo a non capire la maggior parte delle arguzie, bella però la gara a chi la spara più intelligente.

Torno qui, questo blog che è il negozio con la vetrina, devo allestire quello che i passanti vedranno domani durante lo shopping di passatempo online quotidiano. Poi Linkedin, mamma che tristezza il finto social in ambito business, le raccomandazioni, il sistema che mi suggerisce lavori negli USA, nessuno che faccia una battuta, un commento, nessuno che si sbilanci in politica, tutte foto serie e manager che si mettono in pose a rischio scoliosi. D’altronde in ufficio è così, perché stupirsi.

Su Twitter, infine, un parterre di tutto rispetto. 16 followers, un paio di amici, meno male, qualche contatto di lavoro, due aziende di marketing digitale e due di entreneuse, probabilmente.

Per fortuna c’è gmail, almeno i due indirizzi che uso di più. Offerte di viagra, diamanti, Rolex tarocchi, newsletter di ricerca personale. In mezzo, ecco una e-mail di una amica che mi fa gli auguri di compleanno, spero senza aver letto alcun avviso automatico. Bene. Ora risciacquo e aspetto che asciuga.

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