Vedi? Se in una coppia lesbica si insinua un diversivo maschile etero, che guarda caso è il donatore di seme di entrambe le donne, grazie al quale hanno messo al mondo una figlia alle soglie del college e un figlio di poco più giovane. E il donatore di seme è anche un uomo adorabile ma cool, tenero ma alternativo, che fa breccia in una dinamica familiare dominata dalla severa austerità della capofamiglia medico chirurgo, conquistando involontariamente prima i due ragazzi e poi la madre progettista di paesaggi, con cui in un momento di debacle, galeotto fu un giardino, finisce a letto. Ecco, ci troviamo in una situazione in cui finalmente si sente l’assenza dell’uomo-padre-sostegno e il peso dell’onta da lavare, del tradimento solo in quanto atto carnale perché è una faccenda tra maschi. No. Qui, in I ragazzi stanno bene, il film di Lisa Cholodenko, c’è una famiglia americana a tutti gli effetti che è basata sull’amore senza marito e senza genere. I figli stanno davvero bene, è solo che a un certo punto nasce in loro spontaneamente la domanda di chi sia lo sconosciuto elargitore di geni, la necessità di trovare l’origine della metà mancante della cellula fecondata. La comparsa del padre naturale, un padre naturale che è una comparsa, nella loro vita, e di un uomo che è così ma che non fa nulla per esserlo così tanto, semplicemente accelera nei due figli un processo di crescita a suon di risposte su problemi adolescenziali di sesso, di sessualità, di amicizia, che una madre troppo pragmatica non è mai riuscita a fornire. L’amore etero che irrompe nella madre meno pragmatica serve comunque a far crescere tutti, donatore di seme compreso. Tant’è che tutto rientra, in un modo che una famiglia canonica non sarebbe mai in grado di accettare, soprattutto nel suo lato maschile.